Oggi inizia la 71ma edizione del Locarno Film Festival
Questa sera in Piazza Grande alle 21.30 si volgerà la cerimonia ufficiale di inaugurazione del Festival. Sarà accompagnata da un live musicale di Zeno Gabaglio e Brian Quinn, in collaborazione con LAC Lugano Arte e Cultura. Due i film previsti per questa prima serata, su cui torneremo con un nuovo articolo domani. Liberty, film americano del 1929 in bianco e nero, del regista Leo McCarey. E il film francese Les Beaux Esprits, 2018, di Vianney Lebasque. Oggi vogliamo invece parlarvi di uno dei film presentati a Locarno Film Festival nelle precedenti edizioni. Un film che parla di speranza e di fede, scienza e ragione.
Marie Heurtin, dal buio alla luce del regista e sceneggiatore francese Jean Pierre Améris
Améris è autore anche della sceneggiatura, insieme a Philippe Blasband. Un film che spicca per la bravura degli attori e del regista e per lo script. L’opera era stata premiata con il Variety Piazza Grande Award, il premio conferito da una giuria di critici della rivista Variety ad una pellicola della sezione Piazza Grande. Un’opera che sia particolarmente rilevante dal punto di vista artistico o dell’industria cinematografica, e sia stata presentata in anteprima mondiale o internazionale.
La sceneggiatura è tratta e adattata da una storia vera
La storia, come accennavamo, ci mostra come la fede in Dio, la scienza medica, l’amore, possano arrivare a compiere miracoli che la ragione, o forse l’abitudine e lo scetticismo, escluderebbero. Le vicende narrate e adattate sono quelle reali di Marie Heurtin. Una giovane donna sorda, muta e cieca vissuta in Francia tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo. La interpreta la giovane Ariana Rivoire, realmente muta e sorda. In quel periodo storico, una simile situazione veniva frequentemente considerata anche dalla scienza ufficiale, oltre che dall’opinione comune, come associata e ritardi e problemi mentali.
Così la pensa infatti il medico curante di Marie Heurtin. Ciò nonostante il padre, un semplice artigiano, si rifiuta di portarla in qualche ospedale per malati psichiatrici. Preferisce invece affidarla alle suore dell’Istituto Lamay, situato nelle vicinanze di Poitiers. La struttura accoglie e segue specificamente bambine e giovani donne con problemi simili a quelli di Marie. Alcune delle pazienti restano anche in età adulta, diventando suore a loro volta e aiutando le nuove arrivate, di cui capiscono bene i problemi strettamente connessi alle loro disabilità, e le difficoltà psicologiche conseguenti.
Lo scetticismo anche di chi ha fede, oltre che della scienza ufficiale
Purtroppo anche la madre superiora, interpretata da Brigitte Catillon, dubita fortemente della possibilità di educare Maria e di riuscire a farla comunicare e comportare normalmente. Pensa sia un caso disperato, che porterebbe via troppo tempo e energie alle suore, a discapito delle altre ragazze a loro affidate. In particolare a suor Margherita, il cui ruolo è affidato ad Isabelle Carré, che è entrata subito in forte empatia con Marie. Anche la religiosa ha seri problemi di salute e pure per tale ragione capisce la situazione meglio di altre sue consorelle.
Con fede e pazienza suor Margherita riesce a convincere la superiora e ad iniziare con Marie un lungo e difficile percorso di recupero. Un percorso costellato di fallimenti e rifiuti, con la fede, più che la semplice speranza, di riuscire a portarla fuori dal totale isolamento in cui in parte lei stessa si è confinata. Aiutata dalla scienza medica, suor Margherita riuscirà nel proprio intento.