Una recente Sentenza della Suprema Corte statuisce il diritto del lavoratore a rifiutare il trasferimento ingiustificato
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha infatti valutato ritenuto illegittimo un provvedimento di licenziamento verso un del lavoratore che aveva rifiutato il trasferimento in una sede molto lontana dalla propria città di residenza. Il dipendente aveva però dato disponibilità a continuare a lavorare invece nella sede precedente. E nel corso del dibattimento era emerso appunto che non vi fosse una reale necessità di trasferirlo.
Come purtroppo spesso accade, l’azienda aveva però cercato di obbligare il lavoratore a tale trasferimento ingiustificato e illegittimo. E al suo rifiuto, pur motivato, lo aveva licenziato. La sentenza n. 22656 del 25 settembre 2018, ha valutato che in una simile situazione sia il dipendente che l’azienda non avevano adempiuto ai propri obblighi. Era però necessario, come è stato fatto in sede di Giudizio, valutare anche quale fosse l’inadempimento o la trasgressione di maggior gravità.
La Corte di Cassazione ha ritenuto – giustamente a nostro avviso – che gli inadempimenti e le illegittimità più grave fossero appunto quelle compiute dall’azienda datrice di lavoro. E che il lavoratore abbia invece compiuto inadempimenti di minor rilevanza. Esercitando inoltre allo stesso tempo un legittimo diritto di autotutela verso un provvedimento aziendale illegittimo e ingiustificato.
A prescindere dal caso specifico, su cui ad oggi non abbiamo maggiori informazioni, dobbiamo anche ricordare che trasferimenti ingiustificati o comunque non sufficientemente motivati, sono spesso stabiliti e attuati come risultato di strategie di mobbing, o comunque vessatorie. O comunque mirate a colpire il lavoratore, e soprattutto ad estrometterlo dall’azienda. La Sentenza della Corte di Cassazione interviene quindi anche, indirettamente, su situazioni di mobbing o vessazioni attuate attraverso comportamenti di questo tipo. In attesa che, come sembra, sia approvata una Legge contro il mobbing, attualmente al vaglio della Commissione della Camera dei Deputati.