Pubblichiamo il testo integrale, in formato html, della PdL 1741 “per la prevenzione e il contrasto” del mobbing e “delle molestie morali e delle violenze psicologiche in ambito lavorativo”. A questo link potete invece trovare il testo in pdf: Mobbing: la proposta di Legge 1741 in Commissione Lavoro. Sulla proposta di Legge vedi pure Legge mobbing 1741: la presentazione alla Camera dei Deputati e le motivazioni dei firmatari.
Segnaliamo inoltre la Petizione popolare, sulla piattaforma Change.org, per una Legge contro mobbing e mobber e a sostegno delle vittime.
Disposizioni per la prevenzione e il contrasto delle molestie morali e delle violenze psicologiche in ambito lavorativo.
Articolo 1: Ambito di applicazione
1. La presente legge, in attuazione dei princìpi stabiliti dagli articoli 2, 32, 35 e 41 della Costituzione, reca disposizioni atte a prevenire e a contrastare il mobbing posto in essere nei confronti dei lavoratori da parte del datore di lavoro o di un suo preposto, nonché da altri dipendenti. 2. Le disposizioni di cui alla presente legge si applicano a qualsiasi rapporto di lavoro e in tutti i settori di attività privati e pubblici, indipendentemente dalla mansione svolta o dalla qualifica ricoperta.
Articolo 2: Definizioni
1. Ai fini di cui all’articolo 1, comma 1, si intendono per mobbing nel posto di lavoro le molestie morali e le violenze psicologiche di carattere persecutorio, esercitate esplicitamente o implicitamente, nonché direttamente o indirettamente, con intento vessatorio, iterativo e sistematico, che determinano eventi lesivi dell’integrità psicofisica o della dignità sociale e lavorativa della vittima, configurabili nel modo seguente.
- a) rimozione da incarichi;
- b) esclusione dalla comunicazione e dall’informazione aziendali;
- c) svalutazione sistematica dei risultati, attraverso il sabotaggio del lavoro, svuotato dei contenuti o privato degli strumenti necessari al suo svolgimento;
- d) sovraccarico di lavoro o attribuzione di compiti impropri o inattuabili in concreto, che acuiscono il senso di impotenza e di frustrazione;
- e) attribuzione di compiti inadeguati rispetto alla qualifica e alla preparazione professionale o alle condizioni fisiche e di salute;
- f) abuso del potere disciplinare, attraverso l’esercizio da parte del datore di lavoro o dei dirigenti di azioni sanzionatorie, quali reiterate visite fiscali o di idoneità, contestazioni o trasferimenti in sedi lontane, rifiuto di permessi, di ferie o di trasferimenti, finalizzate all’estromissione del soggetto dal posto di lavoro;
- g) atti persecutori e di grave maltrattamento di fronte a terzi;
- h) molestie sessuali;
- i) squalificazione dell’immagine personale e professionale;
- l) offese alla dignità personale, attuate da superiori, da pari grado o da subordinati ovvero dal datore di lavoro.
Articolo 3: Accertamento delle responsabilità e applicazione di sanzioni disciplinari
1. Il datore di lavoro, pubblico o privato, qualora siano denunciate azioni di cui all’articolo 2 da singoli lavoratori o da gruppi di lavoratori, ovvero su segnalazione delle rappresentanze sindacali aziendali o del rappresentante per la sicurezza, nonché del medico competente, ha l’obbligo di accertare tempestivamente le azioni denunciate.
2. Agli effetti degli accertamenti delle responsabilità, l’istigazione e l’omissione consapevole dei soggetti denunciati sono considerate equivalenti alla realizzazione del fatto.
3. Il datore di lavoro pubblico o privato che, per dolo o per negligenza, non adempie ai commi 1 e 2 del presente articolo è soggetto all’interdizione dai pubblici uffici o al licenziamento, in ottemperanza all’articolo 28 del codice penale e, in via subordinata, alle misure previste per i diversi livelli di responsabilità dagli articoli 55, commi 1 e 3, 56, 58 e 302, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.
4. Il danno all’integrità psicofisica provocato dalle azioni di cui all’articolo 2 è comunicato dall’autorità gerarchica competente, previo onere della prova inversa, alla competente procura della Repubblica quando comporta una riduzione della capacità lavorativa per disturbi psicofisici di qualsiasi entità, quali depressione, disturbi psicosomatici conseguenti a stress lavorativo come l’ipertensione, l’ulcera e l’artrite, disturbi allergici, disturbi della sfera sessuale, nonché tumori.
Articolo 4: Azioni di tutela giudiziaria
1. Qualora siano denunciate, su ricorso del lavoratore o per sua delega dalle organizzazioni sindacali, azioni di mobbing, di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a), b), d), e) e i), il tribunale territorialmente competente, in funzione di giudice del lavoro, nei cinque giorni successivi alla data della denuncia, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, se ritiene sussistente la violazione oggetto del ricorso ordina al responsabile del comportamento denunciato, con provvedimento motivato e immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illegittimo, ne dispone la rimozione degli effetti, stabilisce le modalità di esecuzione della decisione e determina in via equitativa la riparazione pecuniaria dovuta al lavoratore per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento.
Contro la decisione di cui al primo periodo è ammessa, entro quindici giorni dalla data di comunicazione alle parti, opposizione davanti al tribunale, che decide in composizione collegiale, con sentenza immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del codice di procedura civile. 2.
Nei casi di cui al comma 1, primo periodo, è posto a carico di colui che è accusato di perpetrare una condotta di mobbing l’onere della prova, ossia la dimostrazione dell’inesistenza della predetta condotta o delle vessazioni lamentate, la legittimità dei comportamenti adottati e, nel caso del datore di lavoro, l’adeguatezza delle misure di prevenzione o di repressione impiegate, quando il lavoratore ha presentato indizi sufficienti per lasciare presumere l’esistenza di una forma di violenza o di persecuzione psicologica ai suoi danni.
Art. 5. Pubblicità del provvedimento del Giudice
1. Su istanza della parte interessata, il giudice può disporre che della sentenza di accoglimento, ovvero di rigetto, di cui all’articolo 4, sia data informazione, a cura del datore di lavoro, pubblico o privato, mediante lettera ai lavoratori interessati dell’unità produttiva o amministrativa nella quale è stato denunciato l’atto o il comportamento di mobbing oggetto dell’intervento giudiziario, omettendo il nome della persona che ha subìto tale atto o comportamento.
2. Se l’atto o il comportamento oggetto del provvedimento di condanna è commesso dal datore di lavoro, pubblico o privato, o si evince una sua complicità, il giudice dispone la pubblicazione della sentenza su almeno due quotidiani a tiratura nazionale, omettendo il nome della persona oggetto di mobbing. Le eventuali spese sono a carico del condannato.
Articolo 6: Nullità degli atti o dei comportamenti di mobbing.
1. Gli atti o i comportamenti di mobbing accertati ai sensi delle procedure di cui all’articolo 4 sono nulli. 2. Sono, altresì, nulle le dimissioni presentate dal lavoratore vittima di atti o di comportamenti di mobbing.
Articolo 7: Sanzioni penali.
1. In caso di azioni di mobbing di cui all’articolo 2, comma 1, lettere c), f), g) e h), e in tutti i casi in cui si determinano danni ai sensi dell’articolo 3, comma 4, che devono essere accertati dal giudice, si applicano le sanzioni previste dalle disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo.
2. Dopo l’articolo 612 bis del codice penale è inserito il seguente: « Articolo 612 ter. – (Atti vessatori in ambito lavorativo) – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni il datore di lavoro, il dirigente o il lavoratore che nel luogo o nell’ambito di lavoro, con condotte reiterate, compie atti, omissioni o comportamenti di vessazione o di persecuzione psicologica tali da compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore. La pena è aumentata se dal fatto deriva una malattia nel corpo o nella mente. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. Si procede, tuttavia, di ufficio nelle ipotesi di cui ai commi secondo e terzo ».
Articolo 8: Misure di prevenzione e di vigilanza nei luoghi di lavoro.
1. Le amministrazioni dello Stato e i datori di lavoro pubblici e privati, d’intesa con le rappresentanze sindacali o con i consigli centrali, intermedi e di base dell’Esercito italiano, della Marina militare, dell’Aeronautica militare, dell’Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, adottano le seguenti misure volte a prevenire e a contrastare le azioni di mobbing.
- a) iniziative periodiche di informazione dei dipendenti anche al fine di individuare immediatamente eventuali sintomi o condizioni di discriminazioni ai sensi dell’articolo 2;
- b) organizzazione, ogni sei mesi, di corsi specifici di gestione delle relazioni interpersonali o del mobbing affidati a soggetti, anche esterni, in qualità di consulenti, muniti dell’abilitazione all’esercizio della professione di psicologo e di un’ampia e comprovata esperienza specifica nel settore della psicologia del lavoro;
- c) accertamento di azioni di mobbing nei confronti dei lavoratori, avvalendosi dei consulenti di cui alla lettera b);
- d) corsi di prevenzione e di informazione sulle azioni di mobbing nei confronti dei lavoratori obbligatori e a carico del datore di lavoro per i dirigenti, per i medici competenti, per i responsabili della sicurezza aziendale, nonché per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
- e) risoluzione delle controversie tramite la stipulazione di appositi accordi transattivi o conciliativi;
- f) denuncia alle autorità competenti.
- 2. Ciascuna azienda sanitaria locale del comune capoluogo di provincia istituisce, nell’ambito della propria organizzazione amministrativa, un centro di riferimento per il benessere organizzativo nei luoghi di lavoro, costituito da specialisti di salute mentale, anche interni alla medesima azienda sanitaria locale, quali: a) un medico specialista in medicina del lavoro, con funzioni di coordinamento; b) un esperto in test psicodiagnostici; c) un esperto in psicologia del lavoro e delle organizzazioni; d) un medico specialista in psichiatria; e) uno psicoterapeuta.
3. Gli specialisti di cui al comma 2 provvedono:
- a) all’accertamento dello stato di disagio psicosociale o di malattia del lavoratore e all’eventuale indicazione del percorso terapeutico di sostegno, cura e riabilitazione;
- b) all’individuazione delle eventuali misure di tutela da adottare da parte dei datori di lavoro nelle ipotesi di rilevati casi di disagio lavorativo. 4. Il centro di cui al comma 2 organizza una conferenza annuale per valutare i risultati del lavoro svolto e per individuare le opportune iniziative per la riduzione o l’eliminazione delle azioni di mobbing.
Articolo 9: Clausola di invarianza finanziaria.
1. Dall’attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.