Misure per l’emergenza Covid-19, le comunicazioni di Conte al Senato della Repubblica
Il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha tenuto ieri, lunedì 2 novembre 2020 al Senato della Repubblica le Comunicazioni sulla situazione epidemiologica e sulle eventuali ulteriori misure per fronteggiare l’emergenza da Covid-19.
Gentile Presidente, onorevoli Senatrici e onorevoli Senatori,
desidero, in primo luogo, ringraziare la Presidente Casellati e tutti i Gruppi parlamentari per la disponibilità ad anticipare, da mercoledì ad oggi, le comunicazioni del Governo sull’evoluzione epidemiologica e sulle eventuali nuove misure da adottare.
La richiesta, da me avanzata, di intervenire oggi in Parlamento segue una mia precedente interlocuzione con i Presidenti delle Camere, ai quali, già nella giornata di venerdì scorso, avevo chiesto di esplorare la possibilità di individuare gli strumenti e le modalità più adatte per assicurare un’interlocuzione costante durante la gestione della pandemia, in modo da garantire un confronto immediato, in occasione della elaborazione di nuovi provvedimenti del Governo.
L’interlocuzione con il Parlamento e il pieno coinvolgimento di tutte le forze politiche qui rappresentate costituiscono passaggi fondamentali e per questo ho ritenuto di dover rimettere ai Presidenti dei due rami del Parlamento ogni decisione circa gli strumenti suscettibili di realizzare questo obiettivo, rispetto alle decisioni che il Governo è chiamato ad assumere con la massima speditezza, a fronte di una costante evoluzione, anche molto repentina, del quadro epidemiologico.
Già sabato però dalla lettura e interpretazione ragionata del report settimanale di monitoraggio sull’evoluzione del quadro pandemico, curato dall’Istituto Superiore di Sanità, questa lettura ha costretto a prefigurare un nuovo corpus di misure restrittive, da adottare prima di mercoledì 4 novembre, data appunto già fissata dalle rispettive Conferenze dei Capigruppo per le mie comunicazioni in Parlamento.
In ragione di queste sopravvenute evenienze, all’esito di una interlocuzione ulteriore con la Presidente Casellati e con il Presidente Fico ho chiesto di poter anticipare già ad oggi le mie comunicazioni, affinché il Parlamento possa esprimersi prima dell’adozione di un ulteriore provvedimento. Quindi ascolterò con la massima attenzione le diverse posizioni che emergeranno dal dibattito e ovviamente vi assicuro la piena disponibilità ad accogliere i rilievi e le osservazioni contenute nelle risoluzioni che saranno approvate.
Peraltro, ho prospettato ai leader dell’opposizione la possibilità di costituire un tavolo di confronto con il Governo utile ad assicurare alle forze di opposizione stesse una piena e costante informazione sull’evoluzione della pandemia, in modo da offrire l’opportunità di veicolare e rappresentare più direttamente e puntualmente istanze e proposte.
Al momento, è cosa nota, la proposta è stata rifiutata. Se ci fossero però ripensamenti, posso confermare sin da ora che la proposta del Governo permane immutata e rassicuro, voglio davvero rassicurare che questa proposta non sottende una confusione di ruoli, né mira tantomeno a operare una sovrapposizione di responsabilità. Il Governo è sempre stato e rimarrà sempre ben consapevole della sue piena responsabilità di fronte al Paese rispetto a ogni decisione che ha assunto e che assumerà per mettere in salvezza la nazione.
E veniamo al quadro epidemiologico, appare particolarmente critico sia quello nazionale, sia quello europeo. La pandemia corre inesorabilmente e impetuosamente in tutto il nostro continente, costringendo ciascun Paese a individuare e adottare misure progressivamente più restrittive che, nel tentativo di rispondere tempestivamente e proporzionalmente alla crescita della curva epidemiologica, si susseguono di settimana in settimana, a brevi intervalli di tempo. L’Europa, all’interno di un quadro globale complesso e preoccupante, è certamente in questo momento una delle aree più colpite dall’urto della seconda ondata.
Secondo l’accreditato Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, nelle ultime due settimane la maggior parte dei Paesi europei ha fatto registrare un incremento dei casi di Covid-19 superiore ai 150 contagi per ogni 100.000 abitanti. In Paesi come la Spagna, la Francia ma anche il Regno Unito il numero dei casi registrati sin dall’inizio dell’epidemia ha superato il milione.
Anche nel nostro Paese, la situazione epidemiologica è in ulteriore peggioramento. Come è noto, i dati relativi alla pandemia vengono raccolti e analizzati ogni giorno da strutture di monitoraggio diffuse sul territorio e, due volte alla settimana, adesso anche c’è un passaggio infrasettimanale, quindi due volte alla settimana, vengono poi analizzati da una cabina di regia, nella quale sono rappresentati l’Istituto Superiore di Sanità, il Ministero della Salute, le Regioni e viene elaborato un report che viene periodicamente diffuso.
Purtroppo, nelle ultime settimane la recrudescenza della pandemia ha condotto a una moltiplicazione significativa dei contagi. Questi, però, sono meno della metà di quelli rilevati in Francia, circa la metà di quelli spagnoli e poco meno della metà di quelli del Regno Unito. In questi Paesi la ripresa dell’epidemia è iniziata prima e corre di più.
In ogni caso, dal monitoraggio effettuato nella settimana dal 19 al 25 ottobre, risulta che il numero di nuovi casi segnalato è quasi raddoppiato rispetto alla settimana precedente, quindi 100.446 casi rispetto a 52.960.
A ieri, quindi domenica 1° novembre, in Italia si registravano in totale 378.129 contagiati. Il 94% delle persone contagiate, cioè 357.288 risulta in isolamento domiciliare. Mentre al picco della prima ondata si curava in casa solo il 51,8% dei contagiati, oggi solo il 5%, pari a 18.962 persone, è ricoverato con sintomi in ospedale, contro il 41,5% al picco della prima ondata, mentre solo lo 0,5%, cioè 1.939 persone, risulta ricoverato in terapia intensiva contro il 6,7%.
Gli italiani contagiati sono quindi di numero ben più elevato, anche se la gravità dei contagi appare diversa – e inferiore – rispetto alla prima ondata. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre il 65% delle persone sono infatti asintomatiche o paucisintomatiche. Fino al 95% delle persone presenta sintomi lievi.
A ieri, quindi ancora domenica 1° novembre, risultavano ricoverati in terapia intensiva 1939 persone, con il risultato di occupare il 21% dei posti letto già disponibili, su un totale cioè di 9052 posti, e il 18% di quelli che si otterranno anche con l’ulteriore distribuzione del commissario Arcuri pari… per un totale di 10.848. I pazienti in terapia intensiva, al momento, sono poco più della metà dei posti letto attivati grazie alle forniture incrementali del Governo tramite il commissario straordinario. Ricordo infatti che all’inizio dell’emergenza gli ospedali italiani disponevano di 5179 posti letto in terapia intensiva. In questi mesi il Governo ha distribuito 3370 ventilatori e i posti letto attivati o attivabili a oggi sono quindi 9052, per un incremento del 75%. Tramite il Commissario Arcuri potremo mettere a disposizione… ci sono altri 1789 ventilatori, li possiamo distribuire già nei prossimi giorni in funzione dell’andamento della curva dei contagi, in modo da portare i posti letto in terapia intensiva a un totale di 10.841, il che rappresenterebbe un incremento pari al 109% rispetto all’inizio dell’emergenza.
Occorre rilevare che l’aumento dei contagi è anche il risultato di una accresciuta capacità di screening: negli ultimi giorni vengono effettuati in media 200.000 tamponi molecolari al giorno, abbiamo toccato, non vi sarà sfuggito, anche punte di 215.000 tamponi al giorno, quando a marzo, invece, ne venivano somministrati 25.000, quindi circa otto volte di meno. In Italia, sino ad oggi, sono stati effettuati poco meno di 16 milioni di tamponi e sono stati testati poco meno di 10 milioni di cittadini. Di questi tamponi 12.7 milioni, pari all’80%, sono stati distribuiti dal Governo gratuitamente alle Regioni.
Questi dati confermano e ci fanno capire che c’è una rilevante differenza rispetto alla prima ondata. Oggi abbiamo una accresciuta capacità di risposta in termini di dotazioni (dispositivi di protezione e attrezzature medicali), che vengono distribuite ad una molteplicità crescente di categorie: ospedali, RSA, forze dell’ordine, trasporto pubblico locale, servizi pubblici essenziali, scuole.
Mentre all’inizio dell’emergenza il nostro Paese era sprovvisto di dotazioni, oggi, in larga parte, può considerarsi autosufficiente. Sino ad oggi sono stati distribuiti in totale 1,6 miliardi di prodotti vari. E l’Italia – questo continuo a sottolinearlo – è uno dei pochi Paesi nel mondo nel quale, ogni giorno, vengono distribuiti gratuitamente 11 milioni di mascherine chirurgiche a ciascuno studente e ciascun membro e componente della comunità scolastica.
In conclusione, in questo momento non stiamo subendo una insostenibile pressione nei reparti di terapia intensiva, piuttosto però registriamo un crescente e preoccupante affollamento nei restanti reparti di alcune strutture ospedaliere, in particolare con riguardo alle terapie sub-intensive e all’area medica in generale. A questo riguardo, è stata messa in campo, negli ultimi giorni, una duplice azione: la scorsa settimana è stato sottoscritto un cosiddetto “accordo stralcio” con i medici di medicina generale e con i pediatri di libera scelta, per consentire loro di somministrare ai propri assistiti test rapidi antigenici, permettendo così loro di poter curare il più possibile i pazienti presso i loro domicili, in modo da alleggerire le pressioni sui ricoveri e il ricorso ai pronti soccorsi.
Il Commissario Arcuri ha già acquistato 10 milioni di test rapidi che, da questa settimana, per il tramite delle Regioni, verranno distribuiti alle ASL e ai medici di medicina generale, e che saranno utilizzati anche rispetto a specifiche destinazioni, quali anzitutto la scuola, in modo da poter ridurre anche le quarantene. Con questa fornitura le Regioni potranno somministrare sino a 100mila test rapidi al giorno.
È stata inoltre avviata un’ulteriore richiesta di offerta per tamponi molecolari e reagenti di estrazione e amplificazione, che condurrà alla somministrazione di 250.000 tamponi molecolari classici al giorno.
In conclusione sarà possibile far crescere ulteriormente la capacità di screening della popolazione italiana, che, mentre all’inizio dall’emergenza non superava i 25.000 tamponi al giorno, oggi si è attestata sui 200.000, potendo arrivare, a partire dai prossimi giorni, sino a 350.000 test di varia natura al giorno.
In caso di scenario particolarmente avverso, in raccordo con il ministro della Difesa, che ringrazio, potremmo disporre di ulteriori mezzi e di personale medico militare in parte già attualmente operativo. Potranno essere resi disponibili, in parte immediatamente, in parte all’esito di procedure di reclutamento, 453 medici e 867 infermieri militari. Inoltre il personale sanitario militare è attualmente impegnato nei drive through della Difesa su tutto il territorio nazionale e abbiamo anche un Covid Hospital al Celio a Roma e il Covid hospital a Milano e a Taranto. Siamo in condizione di intervenire con 4 strutture sanitarie da campo dell’esercito, ove necessario, impiegabili con un preavviso a partire da 72 ore.
Aggiungo che il ministero della Salute, su mia richiesta, sta già lavorando su un piano operativo per la distribuzione dei vaccini così che quando inizieranno ad arrivare le prime dosi potremmo procedere in modo organizzato secondo un piano prestabilito, ordinato, ragionevolmente prevedo che favoriremo le fasce della popolazione più fragili e vulnerabili e gli operatori più esposti al pericolo.
Fra le fasce più vulnerabili il Governo considera anche le persone più anziane. Sono i nostri cari, che hanno realizzato la ricostruzione del Paese dalle rovine del secondo conflitto mondiale, sono i nostri genitori, i nostri nonni, che con la boriosità e spirito di iniziativa hanno consentito al nostro Paese di vivere il miracolo economico che ci ha proiettato tra le potenze più avanzate del pianeta membri del G7.
Nonostante i numerosi sforzi posti in essere per rafforzare il nostro sistema sanitario, l’evoluzione dell’epidemia, soprattutto con riferimento ai dati delle ultime settimane, risulta molto preoccupante. Secondo i parametri stabiliti dal documento “Prevenzione e risposta a COVID19: evoluzione della strategia e pianificazione nella fase di transizione per il periodo autunno-invernale”, redatto da Istituto Superiore di Sanità e Ministero della Salute e condiviso in sede di Conferenza delle Regioni, con il coinvolgimento di varie università e centri di ricerca, il quadro epidemiologico descritto è in via di transizione verso uno scenario di tipo 4,quello più critico per intenderci, con particolare riferimento ad alcune Regioni che, già nel breve periodo, accusano il rischio di tenuta dei servizi sanitari.
Si conferma pertanto quel quadro epidemiologico, a cui ho già fatto cenno, complessivamente e diffusamente grave su tutto il territorio nazionale, con specifiche criticità in molte Regioni e Province autonome: nell’ultima settimana di monitoraggio, 11 Regioni e Province autonome sono classificate a rischio elevato di una trasmissione non controllata del virus; altre 8 Regioni e Province autonome sono classificate a rischio moderato, con una probabilità elevata di progredire a rischio alto nel prossimo mese.
L’aumento rapido dell’incidenza è coerente con l’aumento dell’Rt nazionale, che attualmente si colloca a 1.7, con un indice inferiore, ma comunque prossimo, all’1,5 in poche Regioni; in alcune Regioni, invece, il dato è superiore alla media nazionale.
Nella settimana di riferimento, per la prima volta, è stato segnalato il superamento della soglia critica di occupazione in aree mediche ed esiste un’alta probabilità che 15 Regioni superino le soglie critiche di terapia intensiva e di aree mediche nel prossimo mese.
Occorre rilevare che il quadro appena descritto non tiene conto degli effetti conseguenti all’introduzione delle misure restrittive introdotte con il DPCM del 24 ottobre, che ricorderete ha introdotto misure più severe e, conseguentemente, non tiene conto degli eventuali effetti di quelle misure e del loro impatto sulla curva di crescita. Questi effetti potranno essere verificarsi ed essere visibili, come ci suggeriscono gli esperti, quantomeno dopo quattordici giorni dalla loro introduzione.
Sebbene effetti saranno positivi, così ci assicurano gli esperti, dobbiamo anche ammettere che al momento non vi sono evidenze scientifiche che ci consentano oggi di prognosticare la misura di questo impatto che si presume positivo. Per conseguenza, alla luce dell’ultimo report che, lo ricordo ancora una volta, è stato elaborato venerdì scorso, e della situazione da esso certificata che risulta diffusamente grave sul territorio nazionale e particolarmente critica in alcune Regioni, siamo costretti a intervenire in un’ottica di prudenza e massima precauzione per attuare ulteriori misure e perseguire una più stringente strategia contenitiva e mitigativa del contagio. Questa strategia va necessariamente modulata in base alle differenti criticità rilevate nei territori, graduando la severità delle misure in considerazione della più elevata circolazione del virus e del più elevato rischio di tenuta dei servizi sanitari.
Riteniamo necessario pertanto assumere una decisione, orientata ai principi di proporzionalità e adeguatezza, che contempli nuovi interventi restrittivi, modulati e differenziati sulla base del livello di rischio rilevato nei territori.
Sulla base di criteri scientifici, che sono stati predefiniti e quindi dobbiamo considerarli assolutamente oggettivi, elaborati – come già detto – dall’Istituto Superiore di Sanità, dal ministero della Salute, dalla Conferenza delle Regioni e da vari centri universitari di ricerca, sarà necessario introdurre un regime differenziato basato sui diversi scenari regionali.
Permettetemi qualche ulteriore chiarimento su questo punto, perché è passaggio importante, va spiegato bene chiarito, va compreso da tutti, anche da coloro che ci seguono da casa.
In Italia è stato elaborato questo sistema di monitoraggio, nel corso di questi ultimi mesi, che oggi ci pone nella condizione di cambiare anche strategia rispetto alla prima fase, quando, invasi da un nemico sconosciuto e invisibile, siamo stati costretti a proteggerci all’interno delle nostre case, sospendendo, anche integralmente, la nostra vita lavorativa, la nostra vita di relazione.
A marzo, lo ricordiamo tutti, posti di fronte a un evento travolgente, in assenza di un piano operativo puntualmente dettagliatamente certificato sul piano scientifico, sul quale basare ogni valutazione prodromica all’adozione delle misure, abbiamo emanato per lo più provvedimenti generali e uniformi su tutto il territorio nazionale che, benché attraverso passaggi intermedi, ci hanno condotto a un lockdown generalizzato.
Abbiamo pur sempre operato in base al principio di massima precauzione, abbiamo pur sempre informato la nostra azione e le nostre misure ai criteri di adeguatezza, proporzionalità ma – ripeto– senza poter disporre di un piano operativo elaborato, né tantomeno di un monitoraggio accurato di cui invece adesso disponiamo.
Oggi disponiamo di una struttura di prevenzione e monitoraggio e, attenzione, questo sistema e questa struttura non si limita solo, come si crede comunemente, a misurare il tasso di contagiosità sui territori, cioè il famoso Rt, ma elabora il flusso di dati provenienti dal territorio sulla base di 21 differenti parametri che vengono integrati tra di loro, di cui ricordo i più significativi: numero di casi sintomatici notificati per mese; numero dei casi con storia di ricovero ospedaliero; numero di strutture residenziali socio-sanitarie che riscontrano almeno una criticità settimanale; percentuale di tamponi positivi; tempo medio tra data di inizio dei sintomi e data di diagnosi; indice di replicabilità; numero di focolai di trasmissione e, certo non ultimo per ordine di importanza, anche il grado di occupazione di posti letto in area medica o terapia intensiva, delle strutture sanitarie di quel territorio.
Questo sistema così articolato oggi ci impone – non, ci consente – di intervenire in modo più mirato, di restringere e, se del caso, allentare le misure su base territoriale, in ragione delle variazioni della soglia di criticità.
Quindi, quando si dice che le misure a più riprese si interviene per modificarle, attenzione, è proprio una caratteristica di questo sistema. Caratteristica alla quale ci dobbiamo abituare, perché l’effetto sarà quello di intervenire a più riprese e in maniera più graduale, articolata e flessibile rispetto alla prima fase, grazie a questo monitoraggio più accurato e strutturato, esemplato sui parametri indicati da questo piano di cui abbiamo già accennato e che è stato – ripeto – approvato anche dalle Regioni
Faccio una considerazione ulteriore.
Se al cospetto di sistema così avanzato predisposto con tale cura, riproponessimo oggi un regime restrittivo indistinto e indifferenziato su tutto il territorio nazionale, otterremmo il duplice risultato negativo, assolutamente inaccettabile: da una parte rischieremmo di non adottare misure realmente efficaci risetto all’attuale stato di criticità delle Regioni attualmente più a rischio e, considerate anche dall’altra, finiremmo di imporre misure irragionevolmente restrittive in quelle aree del Paese ove, al momento, non risulta necessario intervenire con particolare severità.
A tal fine, in coerenza con quanto prevede il piano a cui ho già fatto riferimento, il prossimo DPCM individuerà tre aree, corrispondenti ad altrettanti scenari di rischio, per ciascuno dei quali sono previste misure via via più restrittive.
Avremo quindi una fascia riservata alle Regioni a rischio alto e scenario 4 dove concentreremo le misure più restrittive, poi avremo una seconda fascia per le Regioni a rischio alto ma compatibili con lo scenario 3, misure lievemente meno restrittive, e infine ci sarà la terza fascia, quella per tutto il territorio nazionale, per le restanti Regioni.
L’inserimento di una Regione all’interno di una delle tre aree, con la conseguente, automatica applicazione delle misure previste per quella fascia, avverrà poi – per non dover intervenite di volta in volta con lo strumento del Dpcm – con ordinanza del ministro della Salute e dipenderà – lo ripeto – esclusivamente e oggettivamente dal coefficiente di rischio raggiunto dalla Regione, all’esito della combinazione dei diversi parametri e quale certificato dal report ufficiale che l’ISS diffonde periodicamente.
Sempre con ordinanza del ministro della Salute sarà possibile uscire e sarà doveroso uscire da un’area di rischio ed entrare in un’altra a più basso rischio qualora la Regione registri coefficienti compatibili con questo passaggio di fascia.
Per l’intero territorio nazionale – sarebbe la fascia tre, per intenderci – dove attualmente non si segnalano livelli di rischio elevato intendiamo intervenire solo con alcune specifiche misure che si aggiungono ovviamente a quelle che abbiamo già adottato e che contribuiscano a perseguire in ogni caso il contenimento e la mitigazione del contagio che già stiamo perseguendo con i tre dPCM e in particolare con l’ultimo. In particolare, pensiamo di disporre la chiusura nei giorni festivi e prefestivi dei centri commerciali ad eccezione di farmacie, parafarmacie, negozi di genere alimentari, tabacchi ed edicole che si trovano all’interno, in ragione del fatto che questi centri commerciali esprimono sono particolarmente attrattivi soprattutto durante i weekend. In coerenza con la chiusura delle sale da gioco e delle sale bingo, intendiamo disporre anche la chiusura di corner adibite ad attività di scommesse e videogiochi ovunque siano collocati.
Chiuderanno anche musei e mostre, prevediamo anche la riduzione fino al 50% del limite di capienza dei mezzi di trasporto locali. Infine prevediamo di porre un limite agli spostamenti da e verso regioni che presentano elevati coefficienti di rischio, salvo che non vi siano comprovate esigenze lavorative, motivi di studio o salute, situazioni di necessità. Prevediamo anche limiti alla circolazione delle persone nella fascia serale più tarda, salvo anche in questo caso che nelle medesime situazioni delle comprovate esigenze lavorative, motivi di studio o salute, situazioni di necessità. Prevediamo infine la possibilità che le scuole secondarie di secondo grado possano passare anche integralmente alla didattica a distanza, sperando che questa sia una misura ben temporanea. Quanto agli altri due regimi di contenimento e mitigazione da applicare alle Regioni che sono attualmente in una condizione di rischio più elevato, prevediamo di introdurre ulteriori disposizioni restrittive graduandole di intensità e severità in proporzione al coefficiente di rischio. In questo snodo così critico della sfida europea e globale contro il virus, il principio ispiratore della nostra azione resta lo stesso: la priorità, oggi come in primavera, è la difesa della vita umana e della salute, che costituisce una precondizione per il godimento di tutti gli altri diritti costituzionalmente garantiti.
Siamo consapevoli della frustrazione, del senso di smarrimento e della stanchezza dei cittadini e anche della rabbia che si è manifestata negli ultimi giorni. I cittadini che si trovano a convivere con nuove limitazioni anche alle proprie libertà personali. E siamo anche coscienti delle profonde ripercussioni che le restrizioni avranno ancora sull’attività economica, sulla produzione e sui redditi. Tuttavia, vorrei ribadire – sotto questo aspetto – che non vi può essere alcun dilemma fra la protezione della salute individuale e collettiva e la difesa della nostra economia. Tanto più saremo efficaci nel piegare la curva dei contagi, tanto più velocemente potremo allentare le restrizioni oggi necessarie, evitando così un deterioramento insostenibile del nostro tessuto economico e sociale. Peraltro ne è riprova l’ottima performance economica che i Paesi europei hanno mostrato nel terzo trimestre di quest’anno, dopo aver domato, a partire da giugno, la crescita del contagio. In questo quadro, l’Italia, lo ricordo, ha registrato una crescita del PIL pari al 16,1% nel terzo trimestre, ben al di sopra delle aspettative, superando persino la crescita del PIL nella media dell’Eurozona, pari al 12,7%. Attenzione, sono scenarimacroeconomici, che certo non giovano a quelle fasce di popolazione che in questa fase della pandemia sono più esposte alle difficoltà, alle sofferenze economiche. Ma si è trattato di un risultato straordinario, che dobbiamo pur sempre alle nostre imprese, ai lavoratori, anche stessa grande disciplina mostrata dai cittadini, a cui va nuovamente tutta la nostra gratitudine per i sacrifici compiuti.
Il Governo non intende arretrare di un millimetro rispetto al proposito di garantire la più ampia protezione economica possibile ai lavoratori, alle imprese e alle famiglie italiane.
La complessità della situazione che stiamo vivendo ci impone di fornire tutto il sostegno necessario, per tutto il tempo necessario e nella misura in cui sarà necessario. Tutti gli ulteriori sforzi finanziari che dovremo compiere costituiscono, elementi di stabilità, di certezza e sicurezza per il mondo del lavoro, che appaiono oggi assolutamente irrinunciabili.
Con questo spirito abbiamo varato la scorsa settimana il decreto-legge “Ristori”, e all’esito di un confronto con le parti sociali, con questo spirito abbiamo deciso di estendere, fino alla fine di marzo del prossimo anno, il blocco dei licenziamenti, garantendo al contempo per i datori di lavoro la Cassa Integrazione “Covid” gratuitamente.
Anche a fronte di queste ulteriori limitazioni, d’accordo con il ministro Gualtieri e con il ministro Patuanelli, stiamo già lavorando per porre in essere ogni azione utile per ristorare e sostenere i settori più colpiti.
Si dice spesso che ogni crisi è un’opportunità di cambiamento e di trasformazione. Quella che stiamo vivendo è ormai la terza crisi nello spazio degli ultimi 15 anni e stavolta l’Italia, l’Europa e l’Occidente hanno la possibilità di imprimere una vera svolta che, al contrario, è mancata dopo i precedenti episodi di crisi.
L’Europa, lo sapete bene, ha saputo cogliere questa sfida, in particolare attraverso il programma Next Generation EU e attraverso varie altre iniziative, a cui l’Italia ha fornito un contributo determinante e per il quale è necessario un nuovo patto tra pubblico e privato, nonché una nuova strategia di organizzazione della presenza pubblica nell’economia, che non ostacoli il mercato ma lo sappia indirizzare. Nei mesi a venire, sarà il nostro Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ad offrire una nuova prospettiva di modernizzazione del Paese, nel solco dei grandi obiettivi strategici dell’Unione europea.
Anche in un momento così drammatico, in cui tutti siamo pressati dall’urgenza di provvedere e ci sentiamo immersi nella gestione del quotidiano, non possiamo permetterci di distogliere lo sguardo verso il futuro. Non conosciamo ancora il volto dell’Italia che verrà, ma sappiamo con certezza che le trasformazioni in atto lo cambieranno profondamente. Il compito della politica sarà guidare, accompagnare questa transizione. E nessuno può sentirsi esonerato da questa sfida di portata storica.
E ancora una volta, concludo, permettendomi di rivolgere un invito a tutte le forze politiche, a tutte le energie del Paese: restiamo uniti. Restiamo uniti in questo drammatico momento. A dispetto delle diverse idee, convinzioni, ma in nome dell’unità e dei valori che, attinti dal nostro quadro costituzionale, sono stati posti a fondamento della nostra convivenza. Grazie.