Mobbing: non sono i ricorsi del lavoratore ad essere ricatti, lo sono le minacce di provvedimenti disciplinari, licenziamento e altre ritorsioni da parte dell’azienda.
Quanta disinformazione, fake news, falsità e strumentalizzazioni sul diritto sacrosanto del lavoratore a difendersi e a chiedere il rispetto dei propri diritti umani e professionali. Soprattutto da parte dei mobber più accaniti, senza scrupoli e professionalmente impreparati, e dei loro peggiori complici, dipendenti – collaboratori o, come noto, persino in certi casi personaggi marginali esterni in cerca di impossibili briciole di visibilità e importanza, quando il mobbing diventa pure esterno e si trasforma pure o si intreccia con lo stalking.
Anzi, definire “ricatto” l’azione legale da parte del lavoratore a difesa dei propri diritti, costituisce una forma di calunnia, diffamazione, insulto e a sua volta è ricatto reale essa stessa. Una sorta di ricatto morale e una minaccia di discredito verso il dipendente, che, affermano così i mobber e i loro complici, non potrebbe e non dovrebbe nemmeno pensare di difendersi in alcun modo: dovrebbe subire, in silenzio, e rinunciare a qualsiasi legittima pretesa, risarcimento riconoscimento di danni e così a qualsiasi diritto.
Senza entrare troppo nel merito della pochezza umana e professionale di mobber e complici che sostengono tali strampalate, false e offensive “teorie”, abbiamo quindi deciso di riprendere la questione, segnalando la precedente notizia sull’argomento, e il cui link originale è in fondo a questo articolo: A proposito di mobbing: le azioni legali del lavoratore non sono minacce né ricatti. E invitando di nuovo coloro che non lo avessero già fatto, a firmare e far firmare la Petizione Fede e Ragione per una Legge contro il mobbing su Change.org., che ad oggi è arrivata ad oltre 66mila firme, e per la quale organizzeremo altre iniziative in queste settimane.
A proposito di mobbing: il lavoratore che attui una azione legale non formula una minaccia, né sta ricattando l’azienda.
Parlando di mobbing, come ho già avuto modo di scrivere, mi è capitato spesso che lavoratori e lavoratrici, o loro familiari, mi pongano questa domanda sui social network o altrove in modo riservato.
È una questione attuale e delicata, di cui abbiamo parlato recentemente qui su Fede e Ragione. Certamente ne abbiamo parlato, appunto, in queste settimane sui social network. Ovviamente chi me lo chiede è preoccupato, direttamente per sé o per i propri cari. Preoccupato che veramente anticipare una vertenza, una causa, o altre azioni legali, o depositarla, possa configurarsi come ricatto o estorsione. A molte persone potrà sembrare strano, incongruo e illegittimo, però è una questione reale.
In determinate aziende purtroppo capita o può capitare. Sono comportamenti del datore di lavoro – quando c’è e non è impersonale – e/o di responsabili e/o di colleghi – che in tal caso sono ovviamente complici dell’illegittimità o del mobbing, e che cercano di condizionare il comportamento del lavoratore e la sua percezione da parte di colleghi e della società esterna. A loro dire, il lavoratore o la lavoratrice che anticipano una azione legale non starebbero ricorrendo ad una estrema ratio per difendersi magari dal mobbing, essere rispettati e avere il rispetto e riconoscimento di propri diritti. Situazioni surreali e indegne, che mostrano pure quanto sia urgente una legislazione contro il mobbing – ricordiamo e vi invitiamo a firmare la Petizione Fede e Ragione per una Legge contro il mobbing su Change.org, petizione ad oggi firmata da oltre 66.500 persone.
Nulla ovviamente contano in questo – se non come appesantimento della situazione – i commenti di chi in tali aziende non lavorano o collaborano. Commenti che contribuiscono però appunto alla maldicenza e alla disinformazione, al mobbing e in certi casi allo stalking – con relative implicazioni legali e penali – per problemi personali di astio, frustrazioni, interessi privati, o per cercare in modi assurdi – ovvero contribuendo alla persecuzione del lavoratore – qualche impossibile forma di notorietà e prestigio. Situazioni che avvengono quindi soprattutto in contesti socialmente degradati e da parte di “personaggi” socialmente marginali.
Adire le vie legali è un diritto riconosciuto dalla Costituzione
Per tali sagaci personaggi, il lavoratore starebbe quindi persino “ricattando” l’azienda e/o le persone coinvolte negli atti illegittimi, se non nel mobbing e stalking subìti. Allo stesso tempo datore di lavoro e/o responsabili e/o colleghi, non si pongono invece il problema di esercitare una illecita pressione. Questa realmente appare invece una estorsione e minaccia, e un ulteriore atto di mobbing. Che sarebbe tale – mobbing – anche nel caso fosse solo sarcasmo, come mostra una recente importante Sentenza della Corte di Cassazione.
In casi simili, si consiglia di non perdere mai la calma – perché è anzi ciò che vorrebbero i mobber. Di non spaventarsi, e di rivolgersi a rappresentanti sindacali onesti – non tutti purtroppo lo sono – e Legali validi. Quando possibile e opportuno documentare tali minacce e tentativo di estorsione da parte di datore, responsabili e colleghi, o altre persone in vario modo collegate. Consultandosi con il proprio Legale, accludere il tutto nel ricorso per mobbing, o nel caso sporgere eventuali denunce penali autonome.
Ricordando che ricorrere alle vie legali, ossia ad un Tribunale e ad un giudice per far valere propri interessi legittimi e reali, è un diritto riconosciuto dalla Costituzione. Il lavoratore che rivendica diritti reali, o che denuncia reali violazioni o reati, come può essere il mobbing, lo stalking, le minacce, le estorsioni, ha tutto il diritto di farlo. Non è invece un diritto cercare di obbligare un/una dipendente, con ricatti e minacce, a non muovere azioni legali. Anzi, è un reato. Ne parleremo meglio nelle prossime settimane.
Paolo Centofanti, direttore Fede Ragione, direttore SRM.
Questo il link all’articolo originale, sulla rivista Fede e Ragione: A proposito di mobbing: le azioni legali del lavoratore non sono minacce né ricatti.
Ricordiamo, anche per la Petizione per una Legge contro il mobbing, così come per tutti i progetti e attività, le consuete esclusioni obbligatorie: Esclusioni da tutti i progetti e attività: Fede e Ragione, petizioni, SRM, Comunicati Tematici.