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Le Comunicazioni del Presidente Draghi al Senato della Repubblica per il Consiglio Europeo

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Le Comunicazioni del Presidente Draghi al Senato della Repubblica per il Consiglio Europeo.

Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi nel pomeriggio di ieri, mercoledì 23 marzo 2022, ha reso le Comunicazioni al Senato della Repubblica per il Consiglio Europeo del 24 e 25 marzo e al termine della discussione generale ha tenuto la replica.

Consiglio europeo del 24 e 25 marzo: Comunicazioni del Presidente Draghi al Senato della Repubblica

Consiglio europeo, la replica del Presidente Draghi al Senato della Repubblica

Il testo delle comunicazioni al Senato della Repubblica

Signor Presidente,
Onorevoli Senatrici e Senatori,

Il Consiglio europeo del 24 e del 25 marzo si aprirà con l’incontro con il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden.
Sarà preceduto da un Vertice Nato straordinario e da un Vertice G7, che si terranno sempre a Bruxelles.
In queste sedi, la comunità euroatlantica intende ribadire la sua unità e determinazione nel sostegno all’Ucraina.
Un impegno comune per tutelare la pace, la sicurezza, la democrazia – che l’Italia ha riaffermato ieri alla Camera dei Deputati alla presenza del Presidente Zelensky.

Il Consiglio europeo avviene a un mese esatto dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, cominciata il 24 febbraio.
Da allora, secondo l’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti Umani, sono state registrate 2.510 vittime civili – con 953 persone uccise, tra cui 78 bambini, e oltre 1.500 feriti.
Sono purtroppo numeri provvisori, che sottostimano fortemente i morti e i feriti, e che continuano a crescere.

Davanti agli orrori della guerra, l’Italia lavora con determinazione, insieme a tutta la comunità internazionale, per la cessazione delle ostilità.
Siamo impegnati, insieme ai nostri partner europei, per realizzare delle tregue umanitarie localizzate per organizzare evacuazioni e portare beni di prima necessità.
La nostra volontà di pace si scontra però con quella del Presidente Putin, che non mostra interesse ad arrivare a una tregua che permetta ai negoziati di procedere con successo.
Il suo disegno appare piuttosto quello di guadagnare terreno dal punto di vista militare, anche ricorrendo a bombardamenti a tappeto come quelli a cui assistiamo a Mariupol.
Per questo, la comunità internazionale ha adottato sanzioni sempre più dure nei confronti della Russia.
Lo sforzo diplomatico potrà avere successo solo quando lo vorrà realmente Mosca.
Non dobbiamo però commettere l’errore di avallare una contrapposizione tra Occidente e Russia e alimentare così quello che è stato più volte definito uno scontro di civiltà.
Molti cittadini russi si sono schierati contro la guerra del Presidente Putin e protestano, mettendo a rischio la propria incolumità.
A loro va l’amicizia e la solidarietà di tutto il Governo e mia personale.

Il Consiglio europeo riaffermerà anche il sostegno al percorso dell’Ucraina verso l’adesione all’Unione europea.
Questo processo ha tempi lunghi, necessari a permettere un’integrazione reale e funzionante.
Ma, come ho ribadito anche ieri in Parlamento, l’Italia è al fianco dell’Ucraina in questo processo.
L’UE ha già attivato la procedura, ma in questo momento è importante mandare a Kiev ulteriori segnali di incoraggiamento.

Lo sforzo diplomatico deve coinvolgere anche altri Paesi.
In particolare, la Cina ricopre un ruolo di grande influenza nelle dinamiche geopolitiche e di sicurezza globali.
È fondamentale che l’Unione Europea sia compatta nel mantenere aperti spazi di dialogo con Pechino, perché contribuisca in modo costruttivo allo sforzo internazionale di mediazione.

Il Vertice Ue-Cina del prossimo 1° aprile sarà un’occasione per sottolineare la nostra posizione.
Dobbiamo ribadire la nostra aspettativa che Pechino si astenga da azioni di supporto a Mosca, non solo questo, ma che partecipi attivamente e con autorevolezza allo sforzo di pace.
Questo messaggio è emerso anche durante il lungo confronto telefonico tra il Presidente Biden e il Presidente Xi Jinping il 18 marzo e negli sforzi diplomatici che lo hanno preceduto.
Mi riferisco in particolare all’incontro tra il Consigliere per la sicurezza americano, Jake Sullivan, e il Direttore dell’Ufficio della Commissione Affari Esteri cinese, Yang Jiechi, avvenuto a Roma la settimana scorsa.
Allo stesso tempo, dobbiamo seguire con attenzione quanto accade nei Balcani occidentali, per prevenire possibili azioni destabilizzatrici di Mosca.
Nel Consiglio discuteremo della prolungata crisi politica in Bosnia-Erzegovina.
Siamo impegnati per disinnescare le provocazioni secessioniste della Republika Srpska e per far rientrare la crisi politica e istituzionale che paralizza il Paese dallo scorso luglio.
È fondamentale che la Bosnia-Erzegovina riprenda la strada delle riforme per avvicinarsi all’Unione europea.
Il nostro obiettivo è assicurare l’organizzazione delle elezioni politiche in autunno, per evitare ulteriore incertezza nel Paese.

La crisi in Ucraina ha generato un massiccio flusso di profughi, che attualmente conta oltre tre milioni e 850mila persone.
Di fronte all’aumento quotidiano del numero di rifugiati sono essenziali un coordinamento europeo e un impegno finanziario adeguato.
L’Unione europea deve garantire una puntuale attuazione negli Stati membri della direttiva per la Protezione Temporanea, approvata per la prima volta nella nostra storia.
La Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha proposto ieri di utilizzare i fondi europei con la massima flessibilità a sostegno di chi scappa dalla guerra in Ucraina, e di stanziare altri 3 miliardi di euro a favore degli Stati membri coinvolti nell’accoglienza.

L’Italia appoggia con convinzione la posizione della Commissione e continua a fare la sua parte con determinazione, altruismo, solidarietà.
Nel Consiglio dei Ministri della settimana scorsa abbiamo approvato nuovi fondi per l’accoglienza, per un totale di 428 milioni di euro.
La generosità mostrata in questi giorni dagli italiani è davvero straordinaria.
Voglio ringraziare ancora una volta la Protezione civile, le Regioni, i Comuni, il Terzo settore e gli enti religiosi per il loro incessante impegno.

Il Consiglio europeo si confronterà anche sull’aumento dei prezzi dell’energia.
Dopo i picchi raggiunti due settimane fa, i prezzi del gas e dell’energia elettrica sono scesi nuovamente.
Il prezzo spot del gas sul mercato europeo – e questa purtroppo è una notizia vecchia – è dimezzato rispetto alle punte di circa 200€/MWh raggiunte l’8 marzo. E’ vecchia perché è appena uscita la notizia che la richiesta di effettuare i pagamenti in rubli – invece che in dollari o in euro – ha portato di nuovo il prezzo del gas a salire di circa 15 euro/MWh.
Sono però prezzi ancora molto alti rispetto ai livelli storici, più di 5 volte quelli di un anno fa.
La volatilità dei mercati energetici ha inciso anche sui prezzi ai distributori, che all’inizio del mese in Italia hanno superato i 2 euro al litro.
Secondo la Commissione europea, l’andamento dei prezzi italiani è in linea con quelli del resto dell’Europa.
Lunedì 14 marzo, il diesel costava 2,31€ in Germania, 2,14€ in Francia e 2,15€ in Italia.
Nel nostro caso, rappresenta un aumento del 40% per la benzina e del 50% per il diesel rispetto a un anno fa.
Venerdì scorso, il Governo è intervenuto per difendere il potere d’acquisto delle famiglie, soprattutto quelle più vulnerabili, e aiutare le imprese a sostenere i costi di produzione.
Abbiamo deciso di ridurre le accise sulla benzina e sul gasolio di 25 centesimi al litro per un mese, abbattendo così gran parte degli aumenti registrati nelle ultime settimane.
Creiamo dei fondi per sostenere i settori dell’agricoltura, della pesca, dell’autotrasporto, che sono stati particolarmente colpiti dalla crisi.
Con le nuove misure, il numero di famiglie che ha accesso ai bonus sociali per elettricità e gas – ed è così protetto dai rincari delle bollette – passa da 4 a 5,2 milioni di famiglie.
Le imprese potranno rateizzare le bollette, uno strumento già a disposizione delle famiglie.
Istituiamo nuovi crediti d’imposta per le imprese sul costo dell’energia e del gas e rafforziamo quelli esistenti.
Ampliamo i poteri dell’Autorità di Regolazione Energia, Reti e Ambiente e del Garante per la Sorveglianza dei prezzi, perché possano seguire con attenzione le variazioni sui mercati. Non è stato finora possibile ottenere informazioni sui contratti a lungo termine stabiliti dalle compagnie con i loro venditori, quindi occorreva prendere questa decisone per riuscire ad avere maggiori informazioni per ciò che riguarda provvedimenti che intendiamo prendere in futuro.
Infine, rifinanziamo la cassa integrazione per le aziende in difficoltà.
Il pacchetto ammonta in totale a circa 4 miliardi, ed è finanziato in gran parte grazie alla tassazione dei profitti in eccesso maturati in questi mesi dai produttori del settore energetico.
In questa crisi, ognuno deve fare la propria parte.

Il Governo è consapevole della necessità di ulteriori interventi, ma la risposta a difesa di consumatori e imprese deve essere anche europea.
Dobbiamo arrivare a una gestione davvero comune del mercato dell’energia.
È auspicabile un coordinamento tra Commissione e Stati membri sulla diversificazione degli approvvigionamenti di gas, soprattutto di gas liquido.
Serve un approccio condiviso sugli acquisti e sugli stoccaggi, per rafforzare il nostro potere contrattuale verso i Paesi fornitori e tutelarci a vicenda in caso di shock isolati.
La creazione di un tetto europeo ai prezzi del gas è al centro di un confronto che abbiamo avviato con la Presidente von der Leyen.
Vogliamo poi spezzare il legame tra il prezzo del gas e quello dell’elettricità, che è in parte prodotta da fonti alternative, il cui prezzo non ha molto a che vedere con quello del gas.
È essenziale puntare in modo deciso sull’energia rinnovabile e dare un ruolo centrale alla sponda sud del Mediterraneo.
Su tutti questi fronti, auspico che il Consiglio europeo prenda decisioni ambiziose che possano essere rapidamente operative.

Come abbiamo concordato al Consiglio europeo informale di questo mese, le ricadute economiche del conflitto in Ucraina vanno oltre il costo dell’energia.
Si registrano aumenti anche nei prezzi dei generi alimentari.
A livello globale, sono cresciuti in modo quasi continuo da metà 2020, e sono attualmente ai massimi storici.
Questo ha delle conseguenze tangibili per i prezzi nei supermercati.
Secondo i dati Eurostat, a febbraio i prezzi dei beni alimentari in Italia sono aumentati del 5,2% rispetto all’anno scorso.
In particolare, il prezzo della pasta è cresciuto di circa l’11%, quello dello zucchero e del pane di circa il 5%, quello della carne di quasi il 4%.
Questi rincari dipendono da shock esterni, che ci impongono di accelerare nel percorso di autonomia strategica in campo alimentare.
Questo processo è alla portata della capacità tecnologica e produttiva europea, ma richiede un impegno immediato, ad esempio l’aumento delle aree coltivabili.
Allo stesso tempo, dobbiamo esser pronti a diversificare maggiormente le nostre fonti di importazione.
Ho parlato dei nostri supermercati, della carne, della pasta, ma un’altra crisi e di dimensioni straordinarie, una crisi che finirà per essere una crisi umanitaria se non affrontata, è quella degli aiuti alimentari ai paesi in via di sviluppo, dove si registra effettivamente una quasi paralisi dei flussi di aiuto alimentari.
Il rafforzamento dell’economia europea passa anche dalla tutela delle aree industriali strategiche, da sostenere con adeguati investimenti in innovazione e ricerca scientifica e tecnologica.
Una priorità è aumentare la produzione di microchip in Europa.
Un recente studio del Fondo Monetario Internazionale stima che l’anno scorso le strozzature nelle catene del valore sono costate all’area euro circa il 2% di prodotto interno lordo.
La carenza di semiconduttori – essenziali per molte industrie strategiche come i mezzi di trasporto, i macchinari industriali, la difesa – è stata particolarmente dannosa.
L’ambizione europea è aumentare la propria quota di mercato dal 10 al 20 per cento della produzione globale di chip entro il 2030.
Questo incremento ci permetterebbe di garantire la sicurezza degli approvvigionamenti a fronte di eventuali ritardi nelle importazioni.

Il “Chips Act” della Commissione europea è un importante passo in avanti per raggiungere questi obiettivi.
Intendiamo aumentare gli investimenti nella ricerca, sviluppare e rafforzare una capacità produttiva verticalmente integrata, che assicuri un’effettiva autonomia nella produzione e nel packaging dei microchip.
Dobbiamo accelerare la realizzazione del secondo Importante Progetto di Comune Interesse Europeo nella microelettronica.
A livello nazionale, il Governo ha approvato a inizio mese la creazione di un fondo da oltre 4 miliardi per sviluppare l’industria e la ricerca sui semiconduttori e sulle tecnologie innovative.
Dobbiamo rimanere aperti anche agli investimenti esteri, ma con un approccio coordinato fra Stati membri e norme che favoriscano le ricadute positive per l’intera industria europea.

La guerra in Ucraina ha messo in evidenza, ancora una volta, l’importanza di rafforzare la politica di sicurezza e di difesa dell’UE, in complementarità con l’Alleanza Atlantica.
Un’Europa più forte nella Difesa rende anche la NATO più forte.
Il Consiglio europeo è chiamato ad approvare la Bussola Strategica, in seguito alla sua adozione lunedì 21 marzo al Consiglio dei Ministri degli Affari Esteri e della Difesa.
La Bussola è stata adattata alla luce della guerra in Ucraina, che rappresenta la più grave crisi in ambito di difesa nella storia della nostra Unione Europea.
Prevede l’istituzione di una forza di schieramento rapido fino a 5 mila soldati e 200 esperti in missioni di politica di difesa e di sicurezza comune.
A queste iniziative si aggiungono investimenti nell’intelligence e nella cybersicurezza; lo sviluppo di una strategia spaziale europea per la sicurezza e la difesa; il rafforzamento del ruolo europeo quale attore della sicurezza marittima.
Nel percorso verso una difesa comune è essenziale sviluppare capacità adeguate per essere un fornitore di sicurezza credibile.
Ciò può avvenire soltanto se rafforziamo la nostra industria della difesa e la rendiamo non solo più competitiva dal punto di vista tecnologico ma, soprattutto, meglio integrata a livello europeo.
Abbiamo tutti da guadagnare da un miglior coordinamento anche nell’ambito della difesa.

La pandemia di Covid-19 ha visto l’Unione europea collaborare nell’approvvigionamento dei vaccini e nella creazione del programma Next Generation EU.
Dobbiamo mostrare la stessa ambizione e lungimiranza in risposta alla guerra in Ucraina, e alle sue conseguenze politiche, economiche, sociali.
Per riuscirci, il sostegno del Parlamento è essenziale – e per questo vi ringrazio.

Il testo della replica al Senato della Repubblica

Cercherò di rispondere ai tanti punti sollevati. C’è un punto comune per cui vorrei ringraziare tutti voi ed è il sostegno che state dando all’azione di Governo alla vigilia di questo Consiglio europeo. E’ sempre importante sapere che ci si siede al tavolo avendo il Parlamento dietro. Oggi è ancora più importante e – devo dire – la coralità di questo sostegno dà una particolare forza alla mia partecipazione domani.
Un primo gruppo di domande, di punti sollevati, riguarda la risposta europea a questa crisi, la risposta economica e la risposta alla crisi energetica, con riferimento ai punti toccati dal senatore Monti, dal senatore Pittella e da vari altri. Questa risposta si sta articolando già su tre pilastri fondamentali.
Prima di tutto c’è una sospensione generalizzata o una rivisitazione, temporanea immagino, di molte delle regole che hanno accompagnato l’Unione europea fino ad oggi. Ad esempio quella che riguarda il bilancio con la con la clausola di salvaguardia, si dà per certa la non riattivazione di questa clausola l’anno prossimo.
Ma anche le regole che noi abbiamo avuto finora: io ormai da diversi anni continuo a dire che queste regole non hanno servito molto bene durante la crisi. Si sarebbero dovute rivedere in ogni caso. Alla luce degli sviluppi di oggi la loro revisione diventa inevitabile e sarà necessariamente molto, molto più profonda di quello che si sarebbe fatto prima delle crisi, prima degli ultimi due anni.
In merito alle regole sugli aiuti di Stato, anch’esse come sapete sono state sospese, riviste. Ma in generale come si può pensare di attuare una transizione ecologica, una transizione energetica, una nuova politica della difesa senza intervento dello Stato? E’ chiaro che sarà necessario. Certi investimenti per la loro ampiezza, per i rischi che comportano non potranno essere attuati interamente, o anche parzialmente, dal settore privato. Per cui anche queste regole andranno necessariamente riviste in profondità, alla luce di questi nuovi obiettivi che la stessa Unione europea si è data. La rivisitazione delle regole, quindi, è necessaria per essere coerenti con il raggiungimento degli obiettivi che noi stessi ci siamo dati, non è una richiesta di un Paese. Mi riferisco anche a certi regolamenti, per esempio, in campo agricolo. E’ chiaro la situazione di insufficienza nella produzione costringerà a rivedere la quantità di terra che è coltivabile. Come voi sapete c’è un regolamento che impone che il 10% della terra disponibile non venga coltivato per buoni motivi. E’ chiaro che questa regola andrà sospesa se vogliamo affrontare l’emergenza alimentare. In seconda battuta, se ciò non fosse sufficiente, dovremmo essere messi in grado di importare da paesi dai quali non stiamo importando perché abbiamo applicato degli standard di tipo sanitario, di tipo merceologico, che ci impediscono queste impostazioni. Quindi il primo pilastro è una rivisitazione delle regole che ci hanno accompagnato finora.

Il secondo pilastro è quello di una risposta congiunta, nel senso che molti di questi investimenti necessari non sono finanziabili con le risorse nazionali. Abbiamo avuto questa straordinaria esperienza del Next Generation Eu, in cui l’Europa si è dimostrata capace di creare debito congiunto. Altrettanto occorrerà fare per finanziare questi enormi sviluppi nel clima, nell’energia, nella difesa. Per inciso sulla difesa c’erano già piani di questo tipo, che immaginavano un possibile finanziamento congiunto dei piani della difesa, che circolavano già da vari anni. Per cui la consapevolezza che questi obiettivi, che ci siamo di nuovo dati noi, non sarebbero raggiungibili senza questo secondo pilastro.

Il terzo punto è l’energia. Alla luce di questi sviluppi, un mercato energetico come l’abbiamo costituito noi non sembra rispondere in maniera adeguata. Anche in questo caso bisogna chiedersi quale può essere la risposta congiunta dell’Unione europea. In ogni caso tutte queste sfide possono essere lette di in due modi: in uno profondamente pessimistico, cioè l’Unione europea non ce la farà e ci aspettano anni di conflitto, situazioni in cui l’Italia è vista perdere queste partite; e un’altra, invece, è una visione più ottimistica che dice ‘guardate, noi abbiamo avuto tante di quelle crisi, finora ce l’abbiamo fatta, quindi perché non farcela anche ora?’ Questa è la mia visione. Bisogna affrontare queste crisi non con senso di smarrimento, ma con senso positivo di voglia di costruire e costruire insieme. Anche perché da soli non ci riusciamo. Quindi occorre negoziare, essere pazienti, occorre certe volte far marcia indietro e poi tornare avanti. Questo è il futuro che noi abbiamo e con cui dovremmo confrontarci.

Il secondo argomento è stata la difesa, che è stato toccato negli interventi dei senatori Cioffi, Bossi, Vattuone e Rauti. In particolare la senatrice Rauti ha dato una rappresentazione puntuale di quello che è la Bussola strategica e ha descritto bene come sia un disegno importante per il futuro della difesa europea. Sul piano progettuale è uno sforzo, e sarà accettato da tutti i paesi membri, è un passo straordinario perché disegna i contorni principali di quella che sarà la difesa nel futuro. Sul piano dell’azione però è un primo piccolo passo, perché la cifra di 5000 soldati è una cifra che – come è stato ricordato – è stata definita in altre epoche che oggi appare veramente piccola. Ma non è solo oggi. Stamattina ho ricordato che il presidente della Repubblica Mattarella, quando era ministro della Difesa cioè all’inizio degli anni 2000, ha discusso questo tema della costruzione di una difesa comune e all’epoca si parlava di 150.000 soldati. Insomma questa è una cifra di prima approssimazione su cui poi occorrerà andare avanti. Terzo punto della bussola europea ed è quello più difficile: il coordinamento. Coordinamento che inizia dalla produzione militare, è una produzione che deve giustamente avere una ricaduta sul tessuto economico italiano ma anche quello di altri paesi, sulle piccole e medie imprese. E’ un coordinamento che richiede una dislocazione industriale degli impianti di produzione nell’intero territorio dell’Unione europea. Ed è un coordinamento che poi deve espandersi nelle fasi successive, nelle decisioni strategiche. E allora si dice: perché cominciare dal tetto? Occorre una politica estera comune. Secondo me le cose devono andare avanti insieme, bisogna attrezzarsi, bisogna iniziare a costruire quella che sarà l’attrezzatura e allo stesso tempo bisogna far passi avanti sulla politica estera comune. Le ultime prove hanno mostrato la capacità dell’Unione europea di definire una politica estera comune. La senatrice Bonino ha prima detto che il presidente Putin contava sulla nostra divisione, sulla nostra incapacità di essere uniti. Eppure la risposta è stata straordinaria, un’unione straordinaria. Questo è un test che la politica estera comune è possibile, deve essere possibile sul piano strutturale e non solo eccezionale e lì, indubbiamente, c’è molto da fare. In ogni caso, però, bisogna andare avanti con entrambi.

Un ultimo aspetto riguarda la bussola strategica: sì, ci vuole fare dignità con la NATO, perché noi siamo parte della NATO. Ci vuole complementarietà, questo è qualcosa di importante da dire ma è anche molto difficile, perché il coordinamento non si deve intendere soltanto all’interno dell’Unione europea – che è già è complesso – ma anche coordinamento fra le forze Nato e le forze dell’Unione europea. Però una cosa importante è che, in questo periodo in cui tutti parlano di aumento delle spese militari e alcuni paesi hanno deciso di aumentare le spese militari in maniera straordinariamente significativa, è importante che questi aumenti vengano annunciati all’interno di una strategia europea e non all’interno di una strategia nazionale. Capite bene che il rischio di andare avanti con strategie nazionali è piuttosto serio, specialmente in prospettiva.

Sull’energia i problemi sono tanti, come sono stati sottolineati in molti interventi, dal senatore Girotto, dal senatore Saccone, dal senatore Stefano, dal senatore Pellegrini ed altri. C’è un problema di formazione del prezzo, certamente il TTF è un mercato che sta dando prezzi che non hanno nessuna connessione con i costi di produzione. Su questo, però, le posizioni sono molto divise tra i paesi del Nord e le società petrolifere del Nord e gli altri paesi. Lo schieramento è molto diviso, occorrerà arrivare a una soluzione, a un accordo. Io spero veramente che ci si arrivi e, in ogni caso, è importante che ci sia una strada verso questo accordo. Perché qui occorre ricordare che il TTF fu una struttura creata quando le energie fossili, in particolare il gas e anche il petrolio, erano dominanti e le rinnovabili erano una minima percentuale. Noi stiamo andando verso un mondo dove le rinnovabili saranno dominati e il gas e il petrolio saranno invece residuali, per non parlare del carbone. Questo mercato, quindi, creato in questo modo risponde sempre meno alla realtà.

L’altra questione è vedere come riuscire a separare la formazione del prezzo sul mercato del gas. Tenete presente che all’interno del mercato del gas ci sono due realtà profondamente diverse: uno è il gas che arriva attraverso i tubi e uno è il gas liquido. Il gas che arriva attraverso i tubi, arriva qui e quindi l’Unione europea avrebbe un forte potere di mercato nell’imporre condizioni, tra cui quelle di prezzo, perché questo gas non può andare in altre parti, non ci sono i tubi e, almeno per un po’ di anni, non ci saranno. Mentre il gas liquido è facilmente vendibile nel resto del mondo, per cui il potere di mercato dell’Unione europea è indubbiamente ridotto.

Per quanto riguarda le rinnovabili, ho detto spesso che dobbiamo investire e accelerare i piani di investimento. A proposito del fatto che abbiamo fissato un tetto, bisogna pensarla non come ad una cosa che scoraggia gli investimenti nelle rinnovabili, perché non è vero: il tetto fissato è fantastico. Permette un profitto straordinario ai produttori di rinnovabili. La verità è che le società che fanno rinnovabili, e fanno anche energia termoelettrica con il gas, hanno fatto dei profitti colossali che derivano non solo dalla formazione del prezzo del gas, ma anche dal fatto che il prezzo dell’elettricità, e quindi quello prodotto dalle rinnovabili, è collegato -anzi – si forma sulla base di quello del gas. Quindi non ho francamente nessun rimorso ad aver fissato quel prezzo: è un prezzo ampiamente remunerativo.
L’Italia si sta muovendo rapidamente sul fronte della diversificazione, con avviati contatti e facendo contratti perché c’è anche un elemento di tempo e occorre muoversi con molta rapidità. Perché gli stessi fornitori che contattiamo noi sono contattati da tanti altri paesi in situazioni di bisogno come noi. Tant’è che la Commissione, alla riunione del Consiglio europeo di domani, proporrà anche un piano per coordinare questi acquisti. E’ importante che questo coordinamento avvenga soprattutto per il gas liquido perché lì effettivamente c’è la possibilità di portar su il prezzo se tutti i paesi vanno per conto loro.

Volevo rispondere al senatore Candiani. No, non c’è nessun pericolo di cadere dalle braccia di un gigantesco monopolio, nel quale ci siamo con convinzione adagiati per circa vent’anni, in quelle di un altro monopolio altrettanto grande, perché avremo una pluralità di fornitori. Quindi, in questo senso, non ci sarà questo potere straordinario di cui oggi noi ci troviamo a pagare i costi.

Ci sono due punti specifici che prima ho osservato. Il primo: non vogliamo e non dobbiamo incoraggiare scontri di civiltà. Questa è una frase che in realtà è stata creata tantissimi anni fa, e parlava di scontri tra l’Occidente e l’islam, quindi di per sé descrive il rischio che si ripeta lo stesso errore e non vogliamo assolutamente.
A questo proposito voglio citare un episodio. È stata approvata una legge che riguarda i profughi, non solo ucraini ma tutti i profughi, e qui ringrazio il Parlamento per non averla ristretta ai soli profughi ucraini. Profughi che sono scienziati, professori universitari, che potrebbero venire in Italia e potrebbero, se vengono, godere di borse di studio, di fondi, finanziamenti per la ricerca, di visiting professorship e di altri modi di integrazione nella nostra realtà accademica. Ci sono, tra questi, diversi scienziati russi che chiedono di uscire. Noi dobbiamo accogliere questi scienziati e ho chiesto alla ministra Messa di farlo sapere e di mettere addirittura un numero di telefono che possano chiamare perché si possano favorire procedure di accoglienza di questi scienziati.
Il secondo punto specifico riguarda il lungo processo che sarà necessario per far entrare l’Ucraina nell’Unione europea. Ho anche detto che questo processo sarà lungo perché occorre che questa integrazione funzioni. Nessuno vuole suggerire procedure accelerate che poi si rivoltano contro gli altri membri dell’Unione europea. Ma la differenza tra l’avere l’Italia, uno dei paesi fondatori dell’Unione europea, accanto all’Ucraina aiutandola e non averla, è grande.

Ho già risposto al senatore Pellegrini dicendo che sono d’accordo con il fatto che ci sono fenomeni speculativi insopportabili e che occorra intervenire. Per inciso, il governo nell’ultimo Consiglio dei ministr, ha introdotto un’imposta sui profitti che fino ad allora, tranne il fatto che io stesso avessi indicato quella strada in più occasioni, nessuno ha introdotto. Il governo l’ha fissata al 10% e ha aiutato a finanziare tutte queste iniziative. Ora, si dice da molti, che non basta: vedremo il Parlamento, che ha in mano il provvedimento, che deciderà. È evidentemente chiaro che i profitti- come ha detto il senatore Pellegrini- prima sono molto più grandi e quindi occorre tenerne conto.

Ho anche risposto al senatore Gasparri che mi ha richiamato giustamente al fatto che ci sono delle realtà economiche nazionali di cui occorre tener conto, anche in un periodo di guerra. Non c’è alcun dubbio che domani saranno non solo i destini dell’Europa che ispireranno le nostre discussioni e le nostre decisioni ma anche la difesa dell’Italia.
Grazie.

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