Il Governo italiano ha vietato la commercializzazione del cibo sintetico.
Il divieto è stato disposto nel Consiglio dei Ministri n. 26 di ieri, 28 Marzo 2023, e annunciato nella successiva conferenza stampa a Palazzo Chigi. Questa norma, ha spiegato il ministro per l’Agricoltura, sovranità alimentare e foreste, Francesco Lollobrigida, è la prima “di questa natura a livello internazionale”, e “prevede 6 articoli”, sancendo il “divieto di vendita, di commercializzazione, di produzione, di importazione” e le relative sanzioni, anche molto pesanti.
L’Italia è quindi “la prima nazione che dice no al cibo sintetico alla cosiddetta carne sintetica lo fa con un atto formale ed ufficiale. Crediamo – ha affermato Lollobrigida – sia un risultato importante che raccoglie da una parte l’appello di quasi 2000 Amministrazioni comunali, e della gran parte delle regioni che avevano votato nelle loro assemblee degli ordini del giorno proposti in gran parte sulla base di una raccolta di firme di Coldiretti, e che chiedeva un impegno a vietare sul nostro territorio la produzione la commercializzazione e l’importazione di cibi sintetici”.
La normativa, ha precisato il ministro, deriva da alcune considerazioni che sono soprattutto “di natura sanitaria”, le cui ragioni sono state poi spiegate dal ministro della Salute Orazio Schillaci.
Il ministro Lollobrigida ha anche precisato la volontà di tutelare la salute pubblica, l’ambiente, e la qualità dei prodotti agroalimentari, spiegando che “da molti punti di vista, i prodotti da laboratorio non garantiscono qualità, non garantiscono benessere, non garantiscono quella tutela, anche, diciamolo con orgoglio, della nostra cultura e della nostra tradizione, che anche all’enogastronomia, alle nostre produzioni agricole, lega un pezzo della nostra civiltà e del nostro modello”
I rischi sono anche i danni alla biodiversità, e gli impatti sull’occupazione derivanti da un simile potenziale nuovo modello di produzione. Potrebbe diventare più conveniente produrre cibo sintetico in impianti industriali, invece che nelle odierne aziende agricole, e ne deriverebbero disoccupazione e potenziali minori tutele per i lavoratori addetti.
Con il rischio pure “di ingiustizia sociale, un’ingiustizia sociale che in alcune società già esiste con riferimento all’alimentazione, società nelle quali i ricchi mangiano bene e i più poveri invece mangiano cibo di pessima qualità, risentendone anche in termini di salute”.
Per i contenuti integrali del CdM di ieri, vedi, su Fede e Ragione: Consiglio dei Ministri del 28 Marzo 2023.