Distinguere nella coppia i comportamenti normali dallo stalking.
Lo stalking rappresenta una serie di comportamenti ossessivi e molesti rivolti verso una persona specifica, che generano nell’individuo bersaglio paura e angoscia. Questi gesti possono variare da messaggi continui e indesiderati, chiamate insistenti, fino al controllo fisico e virtuale dell’altra persona. Lo stalker, mossi da sentimenti quali gelosia e desiderio di controllo, limita la libertà e l’autonomia della vittima, creando un senso di impotenza e insicurezza in quest’ultima.
Il confine tra amore possessivo e stalking è spesso sottile. Il termine stalking fa riferimento a comportamenti persistenti e ripetitivi che incutono timore e disagio nella vittima. Questi comportamenti invadenti possono manifestarsi sotto forma di controllo delle attività quotidiane, degli abiti indossati e delle amicizie coltivate, riducendo significativamente la libertà individuale e il benessere psicologico della persona perseguitata.
Recentemente, un caso legale ha evidenziato la sottigliezza della linea che separa gelosia e stalking. Un uomo, dopo aver costantemente monitorato l’abbigliamento e le amicizie della compagna, rischia una condanna per stalking. Nonostante il difensore sostenga che questi comportamenti siano “fisiologici” in un rapporto di coppia, la Corte di Cassazione ha stabilito diversamente.
In questa sentenza illuminante, la Cassazione ha confermato la condanna per atti persecutori. La difesa dell’individuo accusato sosteneva che tali atti fossero normali e inevitabili in un rapporto d’amore, giustificando tali comportamenti come espressione di regole di coppia. Tuttavia, i giudici non condividono questa prospettiva.
Per la Cassazione, comportamenti che limitano la libertà dell’altro non possono essere automaticamente riconosciuti come normali in una relazione sentimentale. Invece di percepirli come manifestazioni di affetto e attenzione, tali comportamenti invasivi devono essere visti come possibili precursori di atti persecutori. In questo caso particolare, la donna coivolta ha terminato la relazione a causa dello stress e della paura generata dal controllo costante. Pertanto, la gelosia, se eccessiva, può trasformarsi in un reato, soprattutto quando influisce negativamente sulla libertà e sull’autonomia dell’altro partner.
La decisione della Cassazione sottolinea l’importanza di riconoscere e intervenire tempestivamente quando i comportamenti protettivi degenerano in azioni persecutorie. Questa sentenza rappresenta un monito significativo: il controllo e la gelosia eccessiva, anche all’interno di una relazione, non sono mai giustificabili e possono costituire reato se limitano la libertà dell’altro.