Capita sempre più spesso di vedere in tv religiosi a vari livelli apparire in tv, altri mezzi di comunicazione, eventi.
Con una frequenza che porta spesso a chiedersi quanto tali apparizioni siano opportune e motivate dal parlare di religione e spiritualità, o dal ruolo effettivo del personaggio – religioso, e quando possano trasformarsi, pure agli occhi di spettatori e ascoltatori, in forme di presenzialismo, se referenziali, e magari persino autocelebranti. Nè più ne meno come qualsiasi altra star, vip – o presunto tale – che partecipi a d uno show.
Quando a cadere nel presenzialismo sono figure religiose o spirituali, ne deriva una serie di interrogativi riguardanti l’autenticità, l’impegno sociale e l’immagine pubblica di queste personalità. Partecipare frequentemente a eventi mediatici, sociali e pubblici, spesso va al di là del mero compito o del proprio vero ruolo , abbracciando una visibilità non casuale ma cercata, porta al rischio che tale sforzo di presenza sia percepito pure come inopportuno e individualistico
Portando il pubblico a chiedersi quanto tale presenza sia motivata da desideri genuini di diffondere un messaggio, o da una meno lodevole ricerca di attenzione personale. E ad una distorsione sia del ruolo che queste figure ricoprono realmente, sia di quello che dovrebbero idealmente svolgere agli occhi delle persone. Un approccio di questo tipo, anche se non cercato volontariamente ma frutto causale di presenza e atteggiamenti, può pure minare la credibilità e l’autenticità del messaggio spirituale o religioso che cercano di trasmettere. E della Chiesa come istituzione e comunità.
Necessità di moderazione e coerenza
Per evitare le trappole del presenzialismo mediatico, è fondamentale che le figure religiose esercitino moderazione e ricerchino coerenza tra il proprio comportamento pubblico, il proprio ruolo effettivo, e i valori che promuovono. La sovraesposizione mediatica e la partecipazione a eventi non sempre coerenti con il proprio ruolo o messaggio possono diluire l’efficacia del loro impegno, distrarre dal nucleo dei loro insegnamenti e, in ultima analisi, danneggiare la loro reputazione e quella della comunità che rappresentano.
Conclusioni
La sfida per le figure religiose nell’era mediatica è quindi duplice: da un lato, utilizzare i media per diffondere valori positivi e incoraggiare la crescita spirituale; dall’altro, evitare che la ricerca di attenzione personale sovrasti il messaggio che intendono condividere. La via verso un impatto significativo e rispettoso risiede nel bilanciamento tra visibilità e umiltà, tra presenza mediatica e autenticità del messaggio trasmesso.