Il richiamo del Pontefice contro il pensiero debole e il razionalismo senz’anima, e l’invito a una cultura inclusiva e aperta alla verità.
Nel suo viaggio apostolico in Lussemburgo e Belgio, Papa Francesco ha tenuto ieri, Venerdì 27 settembre 2024, un importante discorso agli accademici della Katholieke Universiteit Leuven. In questo incontro con i docenti universitari, il Pontefice ha evidenziato il ruolo cruciale delle università, in particolare degli atenei cattolici, nell’allargare i confini della conoscenza, non solo attraverso l’accumulazione di nozioni, ma promuovendo una formazione culturale e umana più profonda. In un’epoca segnata da relativismo e razionalismo estremo, il Papa ha esortato a trovare un equilibrio tra fede e ragione, evitando le derive del pensiero debole e del razionalismo senz’anima.
L’invito ad “allargare i confini”
Il discorso del Papa è stato un invito forte e chiaro a «allargare i confini della conoscenza», come espresso già nell’apertura:
«Non si tratta di moltiplicare le nozioni e le teorie, ma di fare della formazione accademica e culturale uno spazio vitale, che comprende la vita e parla alla vita».
L’idea centrale di Papa Francesco è che la conoscenza non può rimanere confinata nell’accademia o nelle teorie astratte, ma deve essere uno strumento per affrontare le sfide reali della società.
Richiamando la figura biblica di Iabes, il Papa ha proposto una riflessione profonda: «Il protagonista è Iabes, che rivolge a Dio questa supplica: “Se tu mi benedicessi e allargassi i miei confini” (1 Cr 4,10) […] prega il Signore di “allargare i confini” della sua vita, per entrare in uno spazio benedetto, più grande, più accogliente. Il contrario sono le chiusure».
Per Francesco, le chiusure si manifestano in due tendenze culturali contemporanee: la rinuncia alla ricerca della verità e il razionalismo eccessivo, che riduce la realtà a ciò che è visibile e misurabile.
Contro il pensiero debole e il razionalismo senz’anima
Nel discorso, il Pontefice ha criticato duramente l’atteggiamento di rinuncia alla ricerca della verità, tipico di una cultura che preferisce un pensiero debole e superficiale. Ha citato Franz Kafka per illustrare questo atteggiamento:
«In un dialogo tra due personaggi di un suo racconto, troviamo questa affermazione: “Credo che lei non si occupi della verità soltanto perché è troppo faticosa” (Racconti, Milano 1990, 38)».
Secondo Francesco, questa stanchezza spirituale ci porta a una vita “superficiale”, senza interrogativi profondi, e perfino a una “fede facile” che non ci sfida veramente.
Dall’altro lato, ha messo in guardia contro il razionalismo senz’anima: «Quando la ragione è soltanto quella matematica, quando la ragione è quella ‘da laboratorio’, allora viene meno lo stupore […] lo stupore è l’inizio della filosofia, è l’inizio del pensiero». Per Papa Francesco, ridurre la vita umana alla sola dimensione materiale, misurabile e visibile, impoverisce la ricerca della verità, soprattutto quella che riguarda le domande fondamentali sul significato della vita e della nostra esistenza.
La cultura dell’inclusione e della compassione
Un altro punto cruciale del discorso è stato l’appello del Papa a generare una “cultura dell’inclusione” che allarghi i confini dell’accoglienza e della solidarietà. Francesco ha lodato l’Università di Leuven per il suo impegno nell’accogliere i rifugiati, ringraziando calorosamente i docenti per il loro contributo:
«Grazie perché, allargando i confini, vi siete fatti spazio accogliente per tutti i rifugiati […] E mentre alcuni invocano il rafforzamento dei confini, voi, in quanto comunità universitaria, i confini li avete allargati».
Questo impegno concreto nell’aprire le porte agli emarginati è, secondo il Papa, una delle espressioni più nobili dell’allargamento dei confini della conoscenza e della cultura. L’università non deve essere solo un luogo di sapere, ma anche uno spazio di trasformazione sociale e umana.
La fiamma della ricerca e l’inquietudine della verità
Francesco ha concluso il discorso con un richiamo accorato a mantenere viva la fiamma della ricerca della verità: «Siate inquieti, per favore, con l’inquietudine della vita, siate cercatori della verità e non spegnete mai la passione, per non cedere all’accidia del pensiero, che è una malattia molto brutta». Questa inquietudine, che egli contrappone alla “stanchezza dello spirito”, è il motore della vera ricerca intellettuale, quella che non si accontenta delle risposte facili, ma è disposta a mettersi in discussione e a spingersi oltre i limiti stabiliti.
Con una citazione di un teologo belga, il Papa ha richiamato la missione spirituale dell’accademico: «Siamo noi il roveto ardente che permette a Dio di manifestarsi» (A. Gesché, Dio per pensare). Con queste parole, Francesco ha voluto sottolineare come la ricerca della verità non sia solo un atto intellettuale, ma anche un percorso spirituale, che ci avvicina a Dio e al senso più profondo della nostra esistenza.
Il discorso di Papa Francesco all’Università Cattolica di Leuven è stato un forte appello a ripensare il ruolo delle università e della cultura contemporanea. Ha sfidato gli accademici a non cadere nella trappola del pensiero debole e del razionalismo senz’anima, ma a cercare un equilibrio tra fede e ragione, scienza e spiritualità. Soprattutto, ha esortato a fare dell’università un luogo di inclusione e di accoglienza, capace di affrontare le grandi sfide del mondo attuale con una mente aperta e un cuore compassionevole.
Immagine: Katholieke Universiteit Leuven, cortesia Google Maps.