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Cittadinanza italiana : diritto dalla nascita solo per chi ha un genitore o un nonno nato in Italia

Conferenza stampa Consiglio Ministri 121

Il Consiglio dei Ministri approva decreto e disegno di legge che riformano la cittadinanza. Principio del vincolo effettivo con l’Italia : si potrà essere cittadini dalla nascita solo con un legame diretto di sangue e residenza.

Il Consiglio dei Ministri n. 121, riunitosi a Palazzo Chigi il 28 marzo 2025 sotto la presidenza del Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha approvato due importanti provvedimenti legislativi che intervengono in modo incisivo sul tema della cittadinanza italiana. Si tratta di un decreto-legge e di un disegno di legge che riformano l’attuale sistema di trasmissione della cittadinanza, con l’obiettivo dichiarato di rafforzare il legame effettivo con l’Italia come requisito per l’acquisizione e il mantenimento della cittadinanza.

La riforma, proposta dal Presidente Meloni insieme al Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani e al Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, segna un cambio di paradigma rispetto al passato, limitando il ricorso automatico al principio dello “iure sanguinis” e affermando con forza il principio del “vincolo effettivo” tra cittadino e Stato.

Nuove regole per la cittadinanza: cambia lo “iure sanguinis”

Il decreto-legge stabilisce che la trasmissione automatica della cittadinanza italiana sarà valida solo fino alla seconda generazione: potranno essere cittadini dalla nascita solo coloro che hanno almeno un genitore o un nonno nato in Italia. In tutti gli altri casi, la cittadinanza non sarà più automatica, ma condizionata alla presenza di requisiti oggettivi di legame con l’Italia.

Per i figli nati all’estero da cittadini italiani, la cittadinanza sarà riconosciuta automaticamente solo se nati in Italia, oppure se almeno uno dei genitori ha risieduto in Italia per almeno due anni continuativi prima della nascita.

Tali disposizioni si applicano esclusivamente ai soggetti in possesso di altra cittadinanza, per evitare situazioni di apolidia, e si estendono anche a chi è nato prima dell’entrata in vigore del decreto, salvo il riconoscimento già ottenuto in via amministrativa o giudiziaria. Le domande documentate presentate entro il 27 marzo 2025 saranno processate secondo le norme precedenti.

Il principio del “vincolo effettivo” e la residenza qualificata

Il disegno di legge rafforza ulteriormente la linea tracciata dal decreto, introducendo nel nostro ordinamento il principio internazionale del “vincolo effettivo” come fondamento per l’acquisizione della cittadinanza. Si intende per vincolo effettivo una residenza qualificata e continuativa in Italia, della durata minima di due anni.

Chi chiede la cittadinanza dovrà dimostrare di aver stabilito un rapporto reale, duraturo e attivo con l’Italia, esercitando i diritti e adempiendo ai doveri propri del cittadino. Non sarà più sufficiente il solo legame genealogico, ma sarà necessario un radicamento concreto nella vita italiana.

Viene inoltre introdotta la possibilità di perdita della cittadinanza per “desuetudine”: chi è nato all’estero da cittadini italiani, possiede un’altra cittadinanza e non risiede in Italia, potrà perdere la cittadinanza italiana se non mantiene vincoli attivi con il Paese per almeno 25 anni, intesi come esercizio dei diritti civili o fiscali, residenza, partecipazione alla vita pubblica.

Agevolazioni per l’immigrazione di ritorno

La riforma mira anche a valorizzare l’immigrazione di ritorno degli italiani all’estero e dei loro discendenti. Sono previste importanti semplificazioni:

  • I figli minori potranno diventare cittadini se nascono in Italia o se vi risiedono per due anni.
  • I discendenti fino alla terza generazione (con almeno un nonno italiano) potranno ottenere la cittadinanza dopo tre anni di residenza in Italia.
  • I coniugi di cittadini italiani continueranno ad avere diritto alla naturalizzazione, ma solo se residenti in Italia.
  • Chi ha perso la cittadinanza potrà riacquistarla con due anni di residenza.

Altre novità introdotte

Il disegno di legge chiarisce infine un punto oggetto di interpretazioni contrastanti: la trasmissione della cittadinanza per via materna sarà possibile anche per i nati dopo il 1° gennaio 1927, se al 1° gennaio 1948 erano ancora minori di 21 anni, data dell’entrata in vigore della Costituzione italiana.

Sono inoltre previsti termini procedimentali più certi, con una durata massima di 48 mesi per il riconoscimento della cittadinanza, al fine di evitare lungaggini burocratiche e garantire maggiore trasparenza.

Conclusione

Con queste misure, il Governo italiano intende dare una nuova definizione di appartenenza nazionale, fondata sul rapporto autentico tra persona e Stato. L’obiettivo è conciliare l’identità storica e culturale italiana con le esigenze di regolamentazione e responsabilità, favorendo al contempo il rientro degli italiani all’estero e dei loro discendenti realmente interessati a partecipare attivamente alla vita del Paese.

Ius sanguinis o iure sanguinis?

Nel dibattito sulla cittadinanza italiana si usano spesso le espressioni latine “ius sanguinis” e “iure sanguinis”, ma non sono sinonimi perfetti.

  • Ius sanguinis è il nominativo latino e indica il principio giuridico generale secondo cui la cittadinanza si trasmette per discendenza biologica da un cittadino.
    Si usa, quindi, quando si parla del sistema nel suo complesso.

  • Iure sanguinis è la forma ablativa, e si traduce con “per diritto di sangue”.
    Si usa per riferirsi alla modalità concreta con cui una persona ottiene o ha ottenuto la cittadinanza italiana grazie alle origini familiari.

Esempi:

  • Il principio dello ius sanguinis è alla base della cittadinanza italiana.

  • È stato riconosciuto cittadino italiano iure sanguinis per via del nonno nato in Italia.

Questa distinzione è importante per un uso corretto dei termini, sia nei documenti ufficiali che nella comunicazione pubblica.

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